Poche le donne in carcere

ROMA - Nella Capitale si torna a parlare di carcere, istituto dalle molte problematiche. Non esiste una forte connotazione criminale delle donne: tra le 1800 detenute in Italia, moltissime le Rom. Scontano piccole pene per piccoli reati "ma la loro recidiva è alta''. I dati presentati segnalano che nelle carceri italiane ogni anno entrano oltre 90.000 persone con una detenzione media pro-capite di poco più di cinque mesi.  La "permanenza" è dunque sempre più breve, con un eccessivo turn over.


Il tema del carcere è stato al centro del convegno annuale del Dap "Trattamento penitenziario nel carcere che cambia", svoltosi il 19 giugno a Roma nella sede nazionale della Rai di viale Mazzini. Mentre il dibattito condotto dalla giornalista Rai, Daniela de Robert puntava anche l'attenzione sulle donne, il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella,  sosteneva ancora la scelta dell'indulto, dichiarando al contempo il suo NO alle proposte di abolizione dell'ergastolo.

A nome di Antigone interviene nel dibattito del convegno anche Susanna Marietti, (coordinatrice nazionale dell’Osservatorio di Antigone), per parlare della detenzione al femminile e dei problemi della genitorialità in carcere: le donne in carcere in Italia sono oggi circa 1800 ed anche negli altri paesi europei la percentuale si attesta sempre tra il 4 e l’8 per cento della  popolazione detenuta.

Le donne sono spesso condannate per piccoli reati, e le pene sono al di sotto dei tre anni. Si tratta quindi di piccola criminalità legata ai furti o alla prostituzione, oppure per reati legati alla droga.

“Non esiste insomma una forte connotazione criminale delle donne – spiega Susanna Marietti – ed è bene che questi problemi vengano affrontati per interrompere quel circuito perverso che porta dalla strada al carcere, dal carcere alla strada e viceversa”. Uno dei problemi specifici di tutte le donne in carcere -o comunque delle donne condannate- riguarda la possibilità di accedere alle misure alternative ma  come nel caso delle donne Rom e Sinti, ci si trova di fronte all'impossibilità pratica di applicare tali misure:  dove non c'è una "casa" non possono esserci arresti domiciliari. Così anche la legge Finocchiaro (sulle detenute madri con figli sono i 10 anni) non è stata mai applicata fino in fondo proprio per questi motivi.

"La contrarietà del ministro della giustizia Clemente Mastella all’abolizione dell’ergastolo -aggiunge Patrizio Gonnella -presidente di Antigone- "non si muove in linea con quella che è la grande e nobile tradizione giuridica democratico-cattolica del nostro paese. Da Giuseppe Dossetti ad Aldo Moro sempre i grandi statisti di origine cattolica si sono dichiarati contrari alla pena perpetua perché nega alla radice ogni speranza per il futuro".

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