LEGGE 194 - Storia di Margherita
ROMA - Esistono storie che non vorremmo sentire, seppure di donne che le vogliono raccontare. Esistono storie capaci di unire percorsi del passato a rinnovati impegni per il futuro. L'oscena campagna contro l’applicazione della legge 194/78, porta storie di donne e di mala sanità che entrano nelle nostre case. L'opposizione al diritto all'aborto, porta con se un odio sommerso. E molti sono i casi di premialità per chi, dipendente pubblico, obietta all’interno di strutture pubbliche all’applicazione di una legge dello stato. Così sempre più spesso le donne che abortiscono senza mezzi termini vengono insultate, chiamate assassine, etichettate. Spogliate delle loro storie, invece di capire, leggere, ascoltare. Per trasformare stereotipi, abusi e storture, in esperienze di tutti per non dimenticare, Margherita scrive. Per non subire più. E per non permettere che una storia smile alla sua si possa ripetere. Margherita è una donna vera, come veri sono il suo nome, la sua età, e la storia che ci testimonia.
"Sono una donna di quasi 41 anni che nel 2002 ha avuto uno splendido bambino (Alessandro) dopo una gravidanza serena e un parto spontaneo. Nel 2004 una nuova gravidanza anch’essa serena. Il 30 aprile2005 nasce la mia secondogenita (Caterina). Purtroppo, in seguito a una visita di controllo dal nostro pediatra, alla bambina viene diagnosticato un enorme fibroma nel cuore, e appena due mesi dopo (22 febbraio 2006) muore a nemmeno 10 mesi di vita (si tratta di un rarissimo caso di fibroma isolato al cuore, ci viene detto che di casi conosciuti ne sono stati individuati 200 in tutto il mondo). La nostra bambina non ce la ridarà nessuno e il dolore che la sua assenza ci procura ogni mattina che ci alziamo dal letto ci accompagnerà per sempre, ma io e mio marito alla fine dell’estate 2006 decidiamo che vogliamo un altro bambino, per noi e per nostro figlio. A settembre 2006 ho avuto un aborto spontaneo talmente all’inizio della gravidanza che non c’è stato bisogno nemmeno del raschiamento, il mio corpo ha fatto tutto da solo. Passano i mesi, resto incinta di nuovo a metà dicembre. Cerco di non stancarmi e stressarmi, non vado più al lavoro.
Il 27 febbraio 2007 dodicesima settimana di gravidanza mi sottopongo al bitest e dalla ecografia emerge un evidente ispessimento della nuca del feto (6 mm). In quell’occasione il dottore che effettua l’esame (ginecologo del Policlinico Umberto 1° di Roma) mi invita a fare un’amniocentesi che avevo comunque già prenotato precedentemente per il successivo 23 marzo. Il 1° marzo ho un colloquio con il genetista della struttura dove dovrò fare l’amniocentesi (S. Anna - Centro per la salute della donna, Roma). Il dottore in quell’occasione mi dice che è il caso di far vedere il responso dell’ecografia alla ginecologa che appena vede il referto sospetta che possa trattarsi di qualcosa di diverso e più grave di un semplice ispessimento della nuca. Dopo l’ecografia purtroppo la dottoressa conferma il suo sospetto e mi spiega che si tratta di un grosso igroma: questo significa che il feto ha sicuramente un’anomalia che nella migliore delle ipotesi può corrispondere a un problema al sistema linfatico, nella peggiore a una seria malattia cromosomica.
Stimo moltissimo la dottoressa che ho avuto modo di incontrare più volte durante le mie due gravidanze precedenti e quindi le sue parole per me assumono un grande valore. Vista questa situazione mi viene consigliato di non aspettare l’amniocentesi ma di sottopormi al più presto ad una villocentesi che mi viene prenotata nella stessa struttura per 6 giorni dopo (il 7 marzo, 13^ settimana di gravidanza). Quel giorno effettuano diverse ecografie (prima, durante e dopo il prelievo) e purtroppo oltre a confermare il grosso igroma viene evidenziata un’altra patologia all’encefalo (facendo aumentare ulteriormente il sospetto di una grave malattia cromosomica). Due giorni dopo, il 9 marzo, per telefono mi comunicano il responso della villocentesi che è senza appello: si tratta di trisomia 13, una delle peggiori malattie cromosomiche, così grave da essere incompatibile con la vita. Mi spiega il genetista che nella maggioranza dei casi sono gravidanze che si interrompono da sole e comunque anche nei rari casi in cui vengono portate a termine il bambino muore entro i primi mesi. Non c’è altro da fare che interrompere volontariamente la gravidanza."
(continua)
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