25 NOVEMBRE Violenza non è Amore!

25 NOVEMBRE - In occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, apriamo una serie di riflessioni su stalking, molestie e femminicidio. In Italia sono sempre troppe le donne che anno dopo anno sono costrette a vivere vite spezzate, o le donne di ogni età ferite e uccise da mariti, compagni, ex-partner, fratelli, padri, uomini pieni di odio, capaci di ogni tipo di abuso contro la donna che vorrebbero tenere legata a sé nel nome di quel sentimento che non conoscono ma che sbandierano e dietro il quale si nascondono quando la uccidono: l'amore.

Stalker e assassini - Sono uomini che non si sono fermati quando veniva loro chiesto di farlo e che hanno portato la loro violenza a una tale escalation, da potere solamente culminare nell’assassinio. Nel femminicidio. Sorprendentemente queste persone (che per vicini di casa, conoscenti e amici sono sempre "brave" persone), tentano la patetica via della giustificazione d'amore: lo hanno fatto perché "pazzi" di amore e spinti da "raptus" di qualcosa: gelosia, follia, delirio o... chi lo sa, semplicemente per un "momento" hanno sclerato!

La narrazione della violenza - Fortunatamente, dopo tanti anni di opposizione a un racconto su stalking e femminicidio basato sul dare voce alle giustificazioni di chi uccide, lasciando due volte a terra la vittima, questa narrazione non fa più presa. Caduto il velo dei "poveri diavoli", dei brav'uomini che (poverini!) hanno ammazzato ma che sono da compatire, si svela la nuda realtà di persone disfunzionali, prepotenti e manipolatrici che non ammettono mai quanto gli piaccia il controllo, quanto pretendano di avere da chi sta con loro tutte le attenzioni del mondo, quanto pretendano dalla donna atteggiamenti di deferenza e l’annullamento di tutto ciò che non ha loro (il maschio) al centro dell'universo. 

(Foto di Ashley Jurius da Unsplash)

Le donne imprigionate - La sfortuna di essere state ingannate dalle affinate tattiche di mistificazione degli uomini manipolatori, arte distorta della quale sono abili cultori, porta le donne che li hanno accanto a una condanna all’ergastolo e sempre più spesso a una vera condanna a morte.

La donna che vive la violenza nel suo quotidiano (e anche i suoi figli e figlie) abita una prigione fatta di controlli a tutte le ore, a tu per tu e anche a distanza attraverso geolocalizzazione, controllo dei social, telefonate e messaggini. E indossa sopra questo sudario anche una catena corta, anzi cortissima, fatta di pedinamenti, appostamenti, minacce, di urla e di vere e proprie liti, che non risparmiano perquisizioni di cassetti, borsette, portafogli, buste della spesa, agende, telefonini.

Per la donna che si ritrova accanto questo tipo di uomo, irragionevole, molesto, intollerante, fisicamente e verbalmente violento e pressante, si spalanca un baratro, con la minaccia di esservi spinta a forza dentro. Minaccia costante, angosciante, onnipresente e senza tregua.

Le strategie - La mente allora cerca strategie di sopravvivenza. Per sopravvivere sottrae, toglie, assottiglia, rinuncia, si adegua.  Si consente al violento e alla violenza di infiltrarsi nella quotidianità, sino a ritrovarsi completamente isolate e senza nulla. Si cede poco alla volta, senza quasi rendersene conto. Ci si scivola dentro come in un sonno, pensando e sperando nella propria capacità di contenere e controllare gli smottamenti della propria vita, per poi ritrovarsi sommerse, annegate, annichilite, travolte da una forza sempre più paralizzante, insopportabile anche per chi ha una storia lunga di resistenza dentro una relazione violenta.

Chi non muore ne esce - Si risale la china prendendo coscienza e chiedendo aiuto. Si capisce che qualcosa può cambiare, che se ne può uscire, quella volta che la paura si trasforma, quando la vita che non vuole più vivere compressa prende il sopravvento sulla paura e si ribella. Qualsiasi tipo di richiesta di aiuto o sostegno, anche la più flebile o piccola, porta sempre con sé il seme della rinascita. Perché se si riesce a venirne fuori prima che lui ti abbia ammazzata, quando lo hai allontanato con la denuncia e la cosa funziona (e sappiamo che non sempre funziona, come non funzionano le cavigliere elettroniche), la vita si riappropria degli spazi e torna a respirare. Peggio di prima? Meglio di prima? Ogni vita traccia un percorso a sé stante e valutarlo con le parole degli altri, delle altre, non è necessario e non conta.

Percorsi condivisi - Da sole si sta anche bene e senza un compagno violento la vita cambia indubbiamente in meglio. Per questo servono percorsi condivisi tra donne e uomini non violenti che diano segni di ascolto e sostegno a chi è stata vittima e segnali inequivocabili di biasimo totale per il violento. Bisogna dire NO al machismo con forza e chiaramente. Contro ogni violenza sulle donne, per dare un segno forte di civiltà, progresso, rispetto, cultura.

Contro il femminicidio dobbiamo essere d’accordo tutte e tutti. Sempre.

Crediti: Foto di copertina Melanfollia da Unsplash

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