SALUTE - Tumore al seno: le occidentali 6 volte più a rischio

ROMA - Gli stili di vita occidentali aumentano in maniera sensibile la probabilità di contrarre un tumore al seno. Al punto che il rischio di incidenza è almeno di 6 volte superiore, comparato al rischio cui sono esposte le donne di altre culture. Gravidanza tardiva, vita sedentaria, obesità, cattive abitudini alimentari, assunzione di terapie a base di estrogeni, tra i principali fattori di incidenza. Lo afferma uno studio condotto da Gabriel N. Hortobagyi, uno maggiori oncologi ed esperti a livello mondiale della terapia per il tumore al seno, patologia che resta di gran lunga la forma di cancro femminile più diffusa: si stima infatti che ogni anno nel mondo oltre 1milione di donne si ammali, mentre  più di 500mila sarebbero le donne che ne muoiono.

Il trattamento del tumore al seno, si avvale principalmente dei progressi ottenuti dalla ricerca. Così, tra i maggiori fattori di incidenza per le donne occidentali, segnalati nel corso del convegno "Stato dell'arte e controversie nel carcinoma mammario (tenutosi nello spazio Montecitorio Eventi a Roma), entrano anche quelli determinati da nuovi comportamenti e tendenze sociali, quali la gravidanza tardiva. Gli studi, hanno infatti dimostrato che “avere figli in età precoce riduce la percentuale di rischio. Il problema è che, in Occidente, assistiamo alla tendenza opposta".


Ma all’incidenza del tumore al seno contribuiscono anche disturbi alimentari, l'obesità, e l’abitudine all’assunzione di bevante alcoliche, che possono contribuire a “far aumentare l'incidenza di quasi il 30%". Strali anche sulle abitudini di vita improntate alla sedentarietà: secondo Hortobagyi, ad esempio, "le donne che sono sempre state abituate, fin da bambine, a svolgere esercizi fisici anche strenui, come la ballerina o la ginnasta, hanno un basso livello di contrazione di estrogeni che riduce i fattori di rischio".


Incriminata anche la terapia sostitutiva ormonale (con i cerotti), a base di estrogeni, un tempo frequentemente utilizzata per la menopausa e per prevenire malattie cardiovascolari (infarto o ictus), che nel tempo "ha evidenziato un aumento del rischio di tumore al seno".

Nonostante il quadro e le prospettive non siano tra i più rassicuranti, si sottolineano i successi ed i passi in avanti fatti dall’oncologia rispetto a 30 anni fa, non solo grazie ad alcuni farmaci, ed alla prevenzione, quanto anche grazie al lavoro di gruppo, che ha riunito equipe di specialisti: lavorare in sinergia porta ad una maggiore e migliore raccolta di informazioni. Un team, segnala Paolo Marchetti, professore di Oncologia medica al policlinico Sant'Andrea di Roma e moderatore del convegno, che "dovrebbe perlomeno essere formato da un chirurgo, un radiologo, uno psicologo ed un medico di base".

(Rielaborazione su fonti Dire e Adnkronos)

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