VINO Origini del vino tra storia e miti

ORIGINI DEL VINO [Scritto per Vitamine vaganti 301] Difficile risalire alle origini del vino. Quelle sinora accertate, raccontano di tempi antichi, con tracce che portano indietro, da oggi, al Seimila avanti Cristo. Le prime testimonianze archeologiche di coltivazione della vite e produzione di vino risalgono alla Georgia e ai paesi della Mezzaluna fertile per poi allargarsi alle aree del Mediterraneo. La scienza, tuttavia, ipotizza che la vite faccia la sua comparsa in varie zone del nostro pianeta oltre 200 milioni di anni fa.
La vite, pianta antichissima, che nel tempo subisce un’incredibile evoluzione tra viaggi, migrazioni e ibridazioni, ci introduce a una storia legata a quella delle popolazioni, germogliata quando i primi gruppi lasciano la vita da nomadi per diventare stanziali. Osservando più a lungo e più da vicino il territorio in cui vivono, le genti non mancano infatti di notare questa pianta rampicante selvatica che cresce ai margini dei boschi e che dà frutti dolcissimi di cui sono ghiotti gli uccelli. Se al lavoro agricolo umano si possono allora attribuire i primi esperimenti della sua coltivazione e gestione, ai volatili spetta il merito di essere stati i primi artefici della sua propagazione, depositandone in giro per il mondo i semi durante le loro migrazioni.
(Vayots Dzor di Mia da Unsplash)
La ricerca archeologica, dal canto suo, ci dice che la più antica cantina vinicola mai ritrovata si trova in Armenia. Tra il 2007 e il 2011, un gruppo di archeologi, nella regione Vayots Dzor, riporta alla luce, da una grotta, reperti risalenti a oltre seimila anni fa, chiaramente dedicati alla vinificazione. Si tratta di un corredo interessante che comprende una pressa per le uve, vasche di vinificazione, resti di piante e semi di vite, utensili vari e giare per la conservazione del vino.
(Uva bianca, Sicilia - Foto di EP)
Oggi sappiamo che al vino, attraverso i millenni, con vari utilizzi e a vario titolo, le società umane hanno riservato un posto speciale, rituale e sacrale; paradossalmente, tuttavia, sulla sua origine non si è potuto far altro che ipotizzare una nascita del tutto casuale. Qualcuno a un certo punto avrà dovuto notare che il succo dell’uva lasciato da parte per qualche tempo, dopo un primo momento in cui inizia a sobbollire, successivamente si trasforma in una bevanda inebriante e totalmente diversa dall’uva fresca spremuta.
Il naturale processo di fermentazione aerobica regala così agli esseri umani una bevanda capace di influenzare culture, credenze e tradizioni e talmente speciale, che le si attribuisce immediatamente, in ogni cultura, una discendenza divina.
Per gli antichi egizi il vino è un dono di Osiride, riservato solo al consumo delle élite, quindi faraoni, nobili e sacerdoti.
Nell'Antica Grecia, associato al dio Dioniso, figlio degli dèi dell’Olimpo Zeus e Semele, il vino è considerato un tramite con il divino e viene consumato nel Simposio, al centro di incontri a tema culturale che si svolgono dopo il pasto. È gestito da una figura dedicata, il simposiarca, con il compito di proporlo nella miglior miscelazione possibile.
Il vino, donato da Dioniso agli uomini, per i Greci è la «bevanda che faceva dimenticare gli affanni, che creava gioia nei banchetti, che induceva al canto, all’amore, nonché alla follia e alla violenza e che, nel sacrificio, era strumento di mediazione tra uomini e dèi». (Treccani.it)
(Bacco, particolare, Fond. Besso, Roma - Foto di EP)
Nella mitologia greca, Erigone, figlia di quell’Icario istruito da Dioniso all'arte del vino e che per suo conto lo dona agli esseri umani, è la prima donna che paga le tragiche conseguenze di questo dono. Quando gli uomini, resi ubriachi dal vino e incapaci di comprendere il proprio stato di alterazione, uccidono Icario temendo di essere stati da lui avvelenati, Erigone, sopraffatta dal dolore e in perfetta sintonia con il mood della tragedia greca, si toglie la vita.
Nell’antica Roma, dove Dioniso diventa Bacco, ma dove esistono anche due figure precedenti, il dio agreste Liber-Pater e la sua omologa (o meglio, paredra) femminile Libera*, il vino è un prodotto a disposizione di tutte le classi, con diversi gradi di purezza e qualità. In generale, è una miscela di vino e acqua, addizionata di volta in volta con spezie, miele, garum, mosto cotto, resine e aromi vari per renderla più gradevole al gusto del tempo. Il “magister bibendi” è la figura che, come il simposiarca greco, regola ingredienti e proporzioni del vino per il buon bere delle occasioni speciali dei ceti più alti.
Tuttavia, manco a dirlo, in entrambe le società il vino è riservato ai soli uomini, mentre alle donne viene concesso in quei casi rari in cui entra a far parte di una composizione galenica utile a qualche cura. O in età avanzata. Nel caso delle giovani donne Patrizie, Roma crea addirittura un codice comportamentale estremamente oneroso; con il divieto assoluto di farne uso, infatti, ogni trasgressione femminile è severamente punita ed esiste perfino un test di verifica. Si chiama “ius osculi” e stando anche a quanto riferiscono gli autori Plinio e Svetonio, è un bacio sulla bocca che gli uomini di famiglia hanno il diritto di imporre a tutte le donne di casa, per verificare se abbiano fatto qualche trasgressione accedendo alle preziose celle vinarie della domus.
Nel caso una donna risulti positiva a questo test del palloncino ante litteram, la legge consente di infliggerle una varietà di punizioni che possono andare dal semplice rimprovero alle percosse, o spingersi sino al ripudio e al femminicidio.
Insomma, la storia del vino per certi versi ha un percorso complesso e affascinante che accompagna sino ai giorni nostri il viaggio umano, pregi e difetti inclusi.
Grazie alla perizia di uomini e donne che nel tempo però ne hanno fatto un’arte capace di affinarsi al punto da offrire un prodotto speciale, con un solo nome, molti colori e milioni di declinazioni, prende vita una bevanda che in molti e in molte amiamo e che si lega a numerosi miti, racconti e tradizioni.
Cifra identitaria dei popoli mediterranei, insieme a olio e grano, il vino e la sua pianta generatrice, affollano dunque miti e religioni, con l’origine stessa della bevanda necessariamente avvolta da leggende e significati allegorici.
In tutte le società, in tutti i tempi e in tutti i luoghi, bere vino di qualità e quindi saper bere bene, è un fare carico di significati mistici e terreni, che troviamo in tutte le sue narrazioni.
Non a caso la testimonianza scritta più antica su vite e vino, si trova in una raccolta di poemi epici della Mesopotamia impressa a caratteri cuneiformi su tavolette di argilla, risalente all’inizio del secondo millennio a. C.. Si tratta dell’Epopea di Gilgamesh, un testo di cui esistono svariate versioni, nato per favorire la comprensione del senso della vita e della morte, dove l’eroe, il Re Gilgamesh, nel suo viaggio alla ricerca di felicità e immortalità, a un certo punto incrocia vite e vino come elementi di valenza mistica.
L’incontro avviene attraverso una donna, Siduri, definita nel poema “donna della vigna, colei che mesce il vino”. Questa figura, carica di significati allegorici e filosofici, non dea, ma donna, descritta da alcuni come una taverniera che ha ricevuto in dono dagli dèi gli strumenti d’oro per svolgere i suoi importanti compiti di fare e mescere il vino, governa con esso (e con la sua metafora), il luogo di passaggio tra la vita e la morte, facilitando per il genere umano, nella riflessione, l’accesso ai poteri di consapevolezza e comprensione.
Il mito di Siduri, oltre a collegarci, come i racconti greci, all’anima riflessiva del vino, in certa misura ci riporta a quella realtà storica confermata dagli studi archeologici moderni che fanno risalire alle pendici del monte Ararat, i primi esperimenti di viticoltura domesticata, con le coltivazioni della vite localizzate nella pianura tra il Tigri e l'Eufrate, esattamente in Mesopotamia.
Sempre in tema di testi storici, nella Bibbia il vino è citato innumerevoli volte e in varie accezioni e viene scelto nell’Ultima cena (nel simbolismo del sangue di Cristo), per suggellare il legame tra il divino e l’umano. Il vino, poi, è il dono offerto dalla Sapienza a chi va cercando saggezza e nel Cantico dei Cantici, il più inaspettato dei testi biblici, dedicato all’unione degli sposi, il vino è ancora metafora, stavolta d’amore, superato solamente dalla dolcezza delle carezze, «migliori del vino» come afferma la sposa e dal sapore della bocca di lei, «come un vino generoso» stando a quanto asserisce lo sposo.
(Vigneti a Montalcino - Foto di EP)
Lasciando miti, poesia e religioni e tornando alla storia del vino nel concreto e nel tempo e quindi ai suoi artefici, troviamo che popoli come i Fenici, i Greci, gli Etruschi i Romani e tutti i Paesi del bacino del Mediterraneo, coltivano la vite, realizzano e commerciano vino e iniziano a scrivere pagine di storia intorno a questo prodotto. Questo è il fare in cui si rintraccia, a ogni passaggio e con ogni sviluppo, la vera mappa di quell’azione umana che porta la vite dalla sua forma primitiva di “Vitis Vinifera Silvestirs”, ovvero selvatica, al suo nuovo status di “Vitis Vinifera Sativa”, quindi di vite domesticata e coltivata, adatta a produrre uve da vino.
La storia del vino, un prodotto che oggi riconosciamo come valore a diffusione globale, espresso attraverso una vasta gamma di varietà e di stili, è dunque profondamente intrecciata a tutte quelle figure che nei secoli hanno contribuito a plasmarne coltura, cultura e tradizione.
Individui che hanno lasciato un segno indelebile, contribuendo a creare miti e storie, a migliorare tecniche e stili di produzione, a promuovere nuove regioni vinicole, a disegnare paesaggi, a creare economie innovative. A tentare strade nuove.
Percorsi dove anche le donne si sono trovate. Dee, regine antiche, donne del quotidiano, viticoltrici e imprenditrici moderne, in molte hanno lasciato un segno indelebile, scrivendo una storia ricca e intrigante, piena di intuizioni e innovazioni che auspichiamo ancora a lungo capace di ispirare e orientare le generazioni presenti e quelle future. Dal lato del lavoro del campo e da quello del piacere dei calici!
Articolo di Eva Panitteri - Scritto per Vitamine Vaganti 301 - Riproduzione Riservata©
*Libera, per i Romani anche Proserpina, o in greco Persefone e anche Kore, che tradotto significa “figlia” (figlia di Demetra), come per molte divinità mitologiche si sdoppia, evolve e trova apparentamenti diversi, a seconda che di lei si narri in Grecia o nella Roma antica.