FEMMINICIDIO Un osservatorio sui media

GIORNALISMI – In Italia muore di femminicidio, in media, una donna ogni tre giorni. Giornali e giornalisti/e sono davvero in grado di raccontarlo, informando correttamente e senza introdurre pregiudizi e stereotipi nella narrazione di questo fenomeno?

A quanto pare ancora no ed è per questo che a Roma, nell’Aula Magna dell’Edificio Marco Polo dell’Università Sapienza, anche alla presenza dei vertici delle associazioni di categoria dei giornalisti (a testimoniarne la massima attenzione al tema), giovedì 26 ottobre, si è tenuto il Convegno per il lancio dell’Osservatorio nazionale indipendente sui media contro la violenza nel linguaggio sulle donne

Donne che, come sappiamo da tempo, sono le prime vittime dei discorsi d'odio online e sono anche le uniche vittime di quella violenza che le uccide solo in quanto donne, un fenomeno così diffuso e grave che è stato necessario coniare un neologismo per identificarlo: FEMMINICIDIO, termine che lo definisce chiaramente, senza stemperarlo in reticenti giri di parole.

(Murales alla Sapienza - Foto EP)

L'osservatorio sui media presieduto dalla Prof.ssa Flaminia Saccà, Ordinaria di Sociologia dei Fenomeni Politici presso il Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, nasce dalla collaborazione tra l'Ateneo romano, l’Associazione GiULiA Giornaliste, l’Università della Tuscia, i Comitati per le Pari Opportunità della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e dell’Unione Sindacale dei Giornalisti Rai.

"Alla base dell’iniziativa, la consapevolezza che media e giornali spesso concorrono a plasmare e rafforzare una rappresentazione della violenza maschile contro le donne distorta da stereotipi e pregiudizi di genere che rendono la donna vittima non solo della violenza subita, ma anche di colpevolizzazione (vittimizzazione secondaria) veicolata dalla stessa stampa e non di rado anche dall’ambito giudiziario con la conseguenza di presentare una narrazione dei fatti incapace di mettere correttamente a fuoco vittime e carnefici".

La cultura si cambia a partire dalle parole. Come ha affermato Vittorio Di Trapani, presidente Federazione nazionale stampa italiana, «le parole sono scelta, identità, azione, responsabilità» ma se si scelgono male «possono anche essere protagoniste di un'azione di revisionismo che ci riporta indietro nel tempo». 

(Un momento del convegno - Foto EP)

Nell'analisi proposta da Silvia Garambois, presidente di GiULia Giornaliste, nessuna testata sembra essere immune da questa rappresentazione della violenza da un lato rivittimizzante nei confronti delle donne (che vengono velatamente o apertamente accusate di aver provocato il proprio assassino) e dall'altro pseudo-giustificatoria nei confronti degli aggressori con i quali negli articoli si empatizza scrivendo che -poverini!- hanno ammazzato... perché amavano troppo, oppure erano gelosi o innervositi dai comportamenti di lei.

Così facendo, la violenza agita dall'uomo sulla donna, che dovrebbe essere il tema centrale del racconto, viene spostata di lato e quasi minimizzata in favore di altre narrazioni. Per quanto tempo abbiamo letto di improvvisi raptus degli assassini o abbiamo assistito alla derubricazione delle loro botte o stalking a semplice lite domestica, sorbendoci magari anche il racconto di amici e parenti -sempre di lui- su quanto questi uomini diventati assassini in fondo fossero bravi figliuoli?

Alla luce di quanto sopra, appare fondamentale, nell'informare, l'uso di criteri di valutazione dei fatti più equilibrati, sostenuti da un linguaggio rispettoso e corretto, capace di cogliere anche le raccomandazioni di cui il giornalismo di recente si è auto dotato per attualizzare la propria narrazione e tenersi nel solco del rispetto e della tutela delle vittime. Come prevedono le carte deontologiche e soprattutto il Manifesto di Venezia per il rispetto della parità di genere nell'informazione del 2017. 

Visto tuttavia il perdurare di narrazioni tossiche, errate e stereotipate da parte dei media sulla violenza alle donne, questo Osservatorio si è reso necessario per assolvere a un triplice obiettivo:

1) il monitoraggio esperto quotidiano del racconto giornalistico della violenza di genere nelle principali testate nazionali e locali;

2) la costruzione di uno spazio pubblico di discussione quotidiana volto a decostruire le rappresentazioni stereotipate della violenza di genere;

3) l’organizzazione periodica di attività di formazione sulla corretta rappresentazione della violenza di genere rivolte alle professioniste e ai professionisti del mondo dell’informazione, nonché agli studenti universitari e delle scuole secondarie.

Sarà un lavoro enorme e sarà fondamentale, per raggiungere l'obiettivo comune di una corretta rappresentazione, lavorarci tutte e tutti insieme. Per una svolta culturale capace di proporre al pubblico un'informazione di nuovo autorevole che, nella condanna della violenza, diventi anche fonte di riflessione e, perché no, di ispirazione a pensieri e comportamenti migliori.

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