FEMMINICIDIO Focus dal libro "Chiamatela Venerdì"

BOOK LAB - Chiamatela  Venerdì - Storie di quotidiana violenza domestica è il libro scritto di recente da Guendalina Di Sabatino, che l'autrice ci presenta attraverso il suo intervento al XXV Congresso Mondiale AMMPE WORD di Punta Arenas, lo scorso Settembre 2024, congresso mondiale di giornaliste e scrittrici che, con i temi posti in agenda «sollecitano l’assunzione di responsabilità degli uomini, delle donne e dei governi delle regioni del mondo per combattere le molteplici e trasversali forme di violenza prodotte da un sistema che, nell’attuale terribile dolorosa fase di cambiamenti climatici e di “terza guerra mondiale a pezzi”, come definisce gli attuali conflitti bellici nel mondo Papa Francesco, continua ad anteporre su tutto un’economia di accumulazione del profitto basata sull’oppressione e sullo sfruttamento».

(Nella foto, l'autice Guendalina Di Sabatino)

SOCIETA' «Noi tutti, donne e uomini, da un capo all’altro del pianeta -scrive Di Sabatino- viviamo in una società oppressa dalle diseguaglianze e dalle ingiustizie, dalle discriminazioni di genere, di etnia, classe, orientamento sessuale, disabilità. Queste forme di violenza invisibile, che modellano le esperienze e le opportunità sociali di ognuno e ognuna di noi, sono alla base di un ordine patriarcale millenario fondato sulla subalternità femminile nella gerarchia dei sessi, che ancora oggi continua ad agire attraverso la cristallizzazione dei ruoli di genere».

STEREOTIPI «Tali persistenti stereotipi sessisti alimentano i luoghi comuni sull’identità maschile secondo il modello dell’uomo forte e autoritario, destinato ‘per natura’ a possedere e a comandare sulle donne e sui minori, giustificando il possesso, il controllo e il potere dell’uomo sul corpo delle donne e sulla loro libertà di affermazione. Le storie di violenza domestica raccolte nel libro “Chiamatela Venerdì” dimostrano in modo netto quanto la violenza sulle donne,  assistita e in alcuni casi subita dai figli e dalle figlie,  perduri e resista alle ancora insufficienti azioni di contrasto nel continuum della trasmissione di principi, pratiche e modelli, che purtroppo non riusciamo a sradicare nel terzo millennio, nonostante la costante mobilitazione mondiale delle donne sulla violenza».

PROTAGONISTE «Le donne che ho ascoltato mi hanno narrato di sé nei propri contesti familiari, della violenza inferta dai padri, dal partner o dal suocero-patriarca. Tutte hanno voluto che per la pubblicazione usassi nomi di fantasia. Venerdì, che dà il titolo al libro, grazie alla madre non porta questo nome che il nonno aveva scelto per lei, con rabbia, scorrendo il calendario nel giorno della sua nascita, quando gli annunciarono l’arrivo di una femmina.  “Il nome che ho perduto, / dove vive dove fiorisce?" (…) scrive nei primi versi della poesia “Ballata del mio nome” Gabriela Mistral. La poeta femminista cilena premio Nobel risponde alla negazione sociale dell’identità femminile, rivendicando il diritto al proprio nome: quel diritto al nome che il nonno patriarca tenta di negare alla giovane donna che dal Kosovo arriva in Italia fuggendo dalla violenza della guerra e da quella domestica».

ANONIMATO «Tutte hanno voluto che cambiassi date e dettagli di situazioni riconoscibili. In una cultura sessista dura a rinnovarsi pesano il timore di non essere credute e la paura di ritorsioni del partner violento, che non hanno mai denunciato, ma hanno trovato il coraggio di lasciare grazie ad un percorso psicoterapeutico che le ha portate alla consapevolezza dell’annientamento della propria persona e di quella dei propri figli».

ORFANI SPECIALI «La violenza fondata sul genere è una verità dalla quale vorremmo, ma non possiamo, distogliere lo sguardo quasi assuefatto, è un fenomeno sommerso che spesso si consuma tra le mura domestiche di cui veniamo a conoscenza solo quando sfocia nel femminicidio. L’Onu ci dice che nel mondo 7 donne su 10 subiscono violenza nel corso della vita. In Italia, ogni tre giorni una donna viene uccisa dall’uomo che diceva di amarla: marito, compagno o ex partner, lasciando i propri figli orfani della madre e del padre in prigione o sucida. Il lutto tragico, difficile da elaborare, colpisce gravemente il loro equilibrio psicologico già segnato dalla sofferenza della violenza assistita. Non so se nel mondo esiste uno Stato che abbia un’anagrafe di questi “orfani speciali”. In Italia non esiste, non è previsto nelle leggi di tutela. E non esiste neppure una giornata dedicata alla riflessione nello spazio pubblico sulla loro dolorosa condizione, che la mia piccola associazione di donne, Centro di cultura delle donne “Hannah Arendt”, e Ammpe Italia vorrebbero contribuire a portare alla luce attraverso l’ascolto solidale della loro viva voce.

I COMMENTI « “[…] La violenza è frutto di una cultura condivisa che non è semplice dominio fisico dell’uomo sulle donne, ma è costruzione di un immaginario culturale che plasma anche la vita delle donne e i loro desideri ”, scrive Stefano Ciccone, sociologo, impegnato nella costruzione di una nuova identità maschile nella “Rete Maschile Plurale”. Per eliminare la violenza di genere  è fondamentale la costruzione di una consapevolezza trasformativa che permetta agli uomini e alle donne di riconoscere e superare la propria complicità nella trasmissione degli stereotipi culturali, tanto radicati nelle coscienze e tanto invisibili, come il possesso dell’altra/o insito nel desidero di fusione con l’altra/o nel modello dell’amore romantico, che, inconsapevolmente, crea una dipendenza affettiva distruttiva. ”Non si uccide per amore ma l’amore c’entra”, afferma Lea Melandri, tra le maggiori teoriche del  Femminismo italiano».

UN FENOMENO CULTURALE «Dalle azioni discriminanti alla crescente violenza digitale nel mondo, cui sono sempre più esposte le giornaliste, la violenza di genere è un fenomeno culturale strutturale complesso e non è semplice né scontato raccontarla: in ogni narrazione mediale le parole possono contribuire ad eradicare o a confermare luoghi comuni e stereotipi. Per questo è auspicabile che nelle redazioni della violenza sulle donne si occupino figure formate, affinché gli autori di femminicidio non vengano più presentati  come bravi padri di famiglia vittime di raptus di gelosia o follia omicida: i femminicidi sono delitti di potere. Intensificare il confronto nello spazio pubblico sulla costruzione di nuove relazioni paritarie tra uomini e donne fondate sul rispetto reciproco, comunicarlo e saperlo comunicare attraverso i media, è tra le strade principali da percorrere per eradicare la cultura del dominio maschile sul corpo delle donne».

“Chiamatela Venerdì – Storie di quotidiana violenza domestica”,  Edizioni Smasher, 2021. Prefazione di Stefano Ciccone, postfazione e riflessione di Lea Melandri. In copertina “La casa capovolta”, opera di Lea Contestabile. Foto di Guendalina di Sabatino per concessione dell'autrice.

 

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