TEMPO DI PACE Cercarla e realizzarla
GUERRA & PACE - Quando il rapporto UN Women dal titolo "Politiche estere femministe: approcci sensibili al genere in politica estera e all’agenda 2030" analizza l’obiettivo 16 PACE dell’Agenda lo dice chiaramente: «non può esserci sviluppo sostenibile senza pace né pace senza sviluppo sostenibile». Dovrebbe essere sempre tempo di pace, eppure, secondo il Rapporto 2023 del Segretario generale ONU sui progressi negli obiettivi di sviluppo sostenibile, «un quarto dell’umanità vive in zone colpite da conflitti» e nessun paese colpito, impegnato o coinvolto in un conflitto si impegna -ovviamente- per raggiungere obiettivi progressisti e pacifici. Tanto meno per migliorare questioni attenenti ai diritti, come il superamento della fame, il diritto alla salute e alla pace o la promozione dell’uguaglianza di genere.
(Foto Free download da Unsplash)
Oggi - La follia guerrafondaia di un minuscolo pugno di governanti maschi scellerati, sta di fatto distruggendo l’impegno pacifista e progressista profuso negli ultimi decenni dai Paesi del mondo, replicando, ciascuno a modo proprio, le stesse nefandezze di guerra agite in passato dai nazi, con tante, troppe vittime.
Insegne - Quali che siano le insegne e le bandiere sotto le quali si professano le proprie ragioni storiche o attuali, infatti, la disumanità e l’irragionevolezza dei modi e delle azioni che stanno agendo li precipita tutti verso la stessa appartenenza, quella della svastica, dei nuovi campi di concentramento, dei vecchi e nuovi crimini di guerra. In una situazione nella quale diventa impossibile che qualcuno possa dirsi dalla parte del bene e della ragione, perché tutti con le proprie azioni si sono schierati dalla parte del torto e del male.
Ignorare le realtà storiche, che si tratti dei fatti che riguardano Palestina e Israele o Russia e Ucraina (per citare solo quelli che di recente ci riempiono le cronache) vuol dire mettersi nel solco di guerre senza fine.
Ignorare le sofferenze delle popolazioni e le richieste del mondo a trovare compromessi e percorsi di pace, vuol dire scegliere la via della guerra invece che quella della pacificazione.
(Foto per concessione di Isabella Balena)
Volere la Pace - Torti e ragioni e atti crudeli e sanguinari si possono attribuire egualmente a tutte le parti che si trovano a guerreggiare. Non ha senso inoltre farne una questione di date, per cui un un’aggressione di oggi avrà minore o maggiore valore di un’aggressione di ieri. Non funziona così ed è proprio per questo che le parti coinvolte nei conflitti del mondo, ovunque essi si svolgano, per trovare la pace dovranno innanzitutto volerlo, a prescindere dai torti agiti e subiti, a prescindere da chi ha cominciato prima e a prescindere da chi ha reagito.
Se, a vederla da dentro, tutti hanno una o più ragioni per massacrare, a vederla da fuori hanno anche tutti torto quando si ammazzano indiscriminatamente i civili e non si rispettano le regole di ingaggio internazionali.
Il Re è nudo - Così la ricerca della pace, capace di vedere e gridare che… il Re è nudo! chiede un primo momento di silenzio delle armi, per consentire che le fiamme negli animi si plachino leggermente e chiede a seguire il sacrificio del compromesso, della rinuncia a professarsi -da tutte le posizioni- gli unici dalla parte della ragione.
Chi ha predicato la necessità della guerra per la libertà dei popoli, dovrebbe rovesciare la prospettiva e scegliere la necessità della pace proprio per la stessa ragione.
Se i paesi in conflitto la smettessero di prevaricare chi considerano diverso/a da sé (per religione, sesso, orientamento, colore della pelle, luogo di nascita, discendenza storica o altro ancora) e cominciassero a riconoscersi per quella che è la verità innegabile dell’appartenenza allo stesso genere, quello umano, sarebbe più facile venirne a capo. Ma questa, ad oggi è utopia.
Avanti a piccoli passi - Serve allora trovare i primi piccoli passi da fare. Serve determinarsi a scegliere il compromesso, cosa che oggi nessuno sembra volere. Serve, da una parte e dall’altra, uscire dall’overdose adrenalinica di rabbia e rancore per cedere su qualcosa allo scopo di trovare l’unico vantaggio comune possibile: la pace. Con il sostegno della mediazione del mondo e delle sue diplomazie che potrebbero aiutare a garantire una certa equità del compromesso.
Oggi davvero nessun paese (in guerra o meno) può tirarsi fuori dalla ricerca della Pace appellandosi a cavillosità lessicali. La pace, infatti, serve a tutti per guardare al futuro, per ricostruire e ricostruirsi, per generare fiducia e nuove economie. La pace serve per imparare dagli errori e ricominciare e per offrire alla gente che si governa quello che la gente realmente vuole: la pace.