VIOLENZA Inammissibile l'editoriale di Libero

25 NOVEMBRE - L'Editoriale di Vittorio Feltri su Libero a commento dello stupro commesso da Genovese sta alzando una vera ondata di riprovazione. La pagina Rosapercaso su Facebook lo passa ai raggi x proponendo ad ogni parola una fortissima riflessione, interamente condivisibile. Di seguito il testo del post.

«L'editoriale in cui Feltri oggi su Libero definisce "ingenua" la vittima delle violenze di Genovese andrebbe denunciato, se ci sono gli estremi per farlo, e poi incorniciato. Dovrebbe finire su tutti i libri di testo. Quando fra qualche decina d'anni avremo una società diversa, in cui gli editoriali saranno scritti da giovani donne e non da uomini che per descrivere il sesso usano ancora termini come "mandrillo" e "passera" e frasi come "sei un uomo o un riccio? Come si fa a darci dentro per tante ore", sarà fondamentale tornare a rileggerlo ogni tanto per ricordarci che cosa significava vivere in un mondo raccontato e governato dagli uomini. Il pezzo di Feltri sembra uscito dagli anni Ottanta, dall'umorismo pecoreccio di Drive-In, ed è patetico e vile come chiunque cerchi emozioni riciclate nella violenza subita da altri, che si tratti di riderci sopra, di inseguire l'eco degli ormoni che furono o di andare a caccia di clic.
Questo editoriale però è anche una definizione perfetta di cultura dello stupro, lo è in modo quasi ingenuo tanto è palese. "Quanto alla povera Michela mi domando: entrando nella camera da letto dell'abbiente ospite cosa pensava di andare a fare, a recitare il rosario? Non ha sospettato che a un certo punto avrebbe dovuto togliersi le mutandine senza sapere quando avrebbe potuto rimettersele?" Togliersi le mutandine senza sapere quando potrai rimettertele, notizia, significa proprio subire uno stupro, e fino a prova contraria è punibile per legge. E che sia ancora possibile pensare di sdoganarlo sulla prima pagina di un giornale, in una sorta di elegia malcelata della virilità e dell'erezione maschile come metro di giudizio, dice tutto quello che c'è da dire sulla cultura che dobbiamo combattere. Questa ode ammirata al membro turgido che regge le sorti del mondo lo afferma con una chiarezza così cristallina da farci quasi un favore: davanti alla gloria di un pene in erezione, addirittura "fino all'alba", la violenza usata su una donna non è che un piccolo sacrificio necessario sull'altare della virilità e del potere maschile. Quando non è la misura stessa di quel potere.
"Alla sua vittima concediamo le attenuanti generiche, ai suoi genitori tiriamo le orecchie." No, non ci caschiamo più, non insegneremo alle nostre figlie e ai nostri figli a difendersi da una cultura così. Insegneremo loro a combatterla.»

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