SALUTE La legge 194 compie 45 anni

LEGGE 194 – Oggi la legge 194 oggi compie 45 anni. La sua approvazione risale al 1978 e garantisce la tutela sociale della maternità e l'interruzione volontaria di gravidanza. Ad oggi tuttavia non è possibile conoscere lo stato reale della sua applicazione e gli ultimi dati ministeriali disponibili risalgono al 2020. 

Per garantire correttamente che ovunque in Italia si possa accedere a questo diritto e per poter garantire a tutte le donne, senza ostacoli di alcun tipo, il rispetto del diritto alla salute riproduttiva, il 18 maggio l'Associazione Luca Coscioni ha promosso la costituzione di un intergruppo parlamentare. Nessun esponente della maggioranza al Governo (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) si è finora reso/a disponibile a partecipare al gruppo per “promuovere la corretta applicazione e l’aggiornamento della legge sull’aborto”. I sedici Parlamentari che hanno aderito all’iniziativa promossa dall’Associazione Luca Coscioni si dividono così: 7 del PD, 4 M5S, 3 Alleanza Verdi e Sinistra, 2 +Europa.

Per garantire a tutte le donne il rispetto del diritto alla salute riproduttiva, l'Associazione Luca Coscioni ha depositato in Parlamento una petizione per ottenere la pubblicazione di dati aperti sull'applicazione della legge 194 e per rendere gratuiti tutti i moderni metodi contraccettivi. «Aprire i dati è fondamentale per poter conoscere lo stato di salute della legge 194/1978, per evitare sospensioni del servizio di IVG ed erogazioni con tempi dilatati che mettono a rischio la salute della donna».

Un percorso ancora tutto in salita: “nel 1978 la scienza era molto più indietro, ma la legge diceva che le strutture statali - come gli ospedali - dovevano essere attente alle nuove scoperte farmacologiche. Questo dunque, era già previsto per legge ma non è mai stato applicato”, ha dichiarato Emma Bonino a LaPresse. Un fatto che evidenzia come la legge 194 abbia oggi bisogno di fare un tagliando: sinora è stato difficilissimo praticare l’aborto farmacologico con la prescrizione della nuova pillola Ru486 e ancora poche strutture ospedaliere la somministrano, nonostante sia un metodo sicuro e poco invasivo. Per non parlare delle troppe obiezioni di coscienza che si registrano nei reparti ospedalieri di ginecologia degli ospedali pubblici, che molti casi non erogano il servizio di IVG anche se sarebbe previsto.

Come per moltissimi altri aspetti della vita quotidiana del nostro Paese, urge un aggiornamento delle leggi come dell'intero modo di pensare, soprattutto nei confronti ciò che riguarda la salute, la sicurezza e l'autodeterminazione delle donne.

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