MADRI Quando fare figli é perdere il lavoro

LAVORO DONNA - Denatalità e discriminazioni per maternità: 51.558 nel 2019. Questo il numero di madri lavoratrici e padri che nel 2019 hanno perso il lavoro per aver fatto nascere un figlio.  Più del 10% dei nati nel 2019 sono costati la perdita /rinuncia / dimissioni dal lavoro alla propria madre lavoratrice o padre lavoratore. Sono il 4% in più rispetto al 2018 quando madri lavoratrici  e  padri lavoratori (49.451) avevano legalmente convalidato di fronte all’Ispettorato del Lavoro la “risoluzione consensuale del loro rapporto di lavoro”.

La strage della lavoratrici madri - oltre 333.300  in dieci anni -  si legge nei numeri pubblicati annualmente dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (1). Per avere un figlio molte/i hanno dovuto rinunciare al lavoro e, attenzione, queste cifre parlano soltanto di quelle madri (e  padri) che hanno un rapporto di lavoro contrattuale, retribuito, registrato, con un impiego stabile da più di un anno fino ad oltre dieci anni. Quelle madri e padri che, per legge, insieme alle aziende devono giustificare di fronte all’Ispettorato del lavoro il motivo delle dimissioni. Sappiamo quanta fatica comporta per le donne in un mondo patriarcale e retrogrado l’accesso al lavoro, quanto importante e faticoso sia il mantenerlo, quanta arrogante, ingiusta, umiliante e vergognosa ostilità alberghi nei confronti della maternità in ogni ambito lavorativo, salvo pochissime eccezioni. I numeri sono testimoni eloquenti.

Perché, per quali motivi hanno dovuto prendere questa drastica decisione? lo dicono e lo ripetono  da anni: costo elevato dei nidi in primo luogo, mancanza di asili nido, mancanza di accoglimento al nido,  assenza di familiari che possano supplire alle mancanze dello Stato. 

Questi dati sono pubblici, leggibili, ufficiali. Sono pubblicati sul sito dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Tutte le relazioni dal 2012 al 2019 sono li, in bellavista contenute nelle “Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri ai sensi dell’art. 55 del d. lgs. 151/2001” per gli anni 2017 e 2018, a cura dell’Ispettorato.

Ma il costo degli asili nido è diminuito? 

Sono stati costruiti nuovi nidi pubblici, gratuiti, di costo accessibile, per far fronte a questa strage annunciata? e i 240.000 nuovi posti/nido  previsti dal Recovery Plan , dal next generation UE saranno pubblici e a costi accessibili o ancora privati costosi e inaccessibili?  

Nel 2009, dieci anni fa,  le “dimissioni” furono 17.676.  Nel 2019, davanti all’ispettorato  del lavoro le madri lavoratrici sono 37.611 e i padri lavoratori sono 13.947 e subiscono ancora questa discriminazione per nascita di figli.

La strage del lavoro delle donne ha una precisa localizzazione, si realizza massimamente nelle regioni del Nord Italia: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Liguria, Valle d’Aosta, Friuli. 

In quelle aziende del ricco nord 31.526 lavoratrici/tori  sono “uscite” dal lavoro a causa della nascita di una figlia o figlio. 

Si tratta in prevalenza di grandi industrie come registra l’Ispettorato: in 9.841 casi imprese con oltre 250 dipendenti, dove evidentemente c’è poco spazio per la maternità. 

Seguono le aziende tra i 250 e i 50 dipendenti dove l’ostilità/difficoltà ha riguardato 3.932 lavoratrici lavoratori.

La nostra “ricchezza nazionale", le piccole e piccolissime aziende da 1 a 49 dipendenti hanno risolto il rapporto con  4.331 “accordi”. 

Le donne dal canto loro le hanno tentate tutte pur di rimanere al lavoro, ma o si sono viste rifiutare il part -time, o non è stata accolta la modifica dell’orario dii lavoro, o hanno visto modificare le loro mansioni, oppure è cambiata la loro sede di lavoro. 

Dovrebbe essere oggetto di riflessione il fatto che proprio nelle Regioni governate da anni in maggioranza dalla Lega e dal Centro destra, forze politiche che si sono distinte e si distinguono per incessanti battaglie cosiddette a “favore della famiglia” e per sostanziali attacchi alla libertà delle donne di decidere sul loro corpo, con accuse correlate alla denatalità (4) si realizzi questa devastante espulsione dal lavoro di quante/quanti scelgono veramente di metter su famiglia. 

Nella grande coorte delle aziende che hanno risolto il rapporto di lavoro con le/i loro dipendenti rientrano tutte quelle aziende con oltre 100 dipendenti che ogni due anni, in base all’articolo 9 della Legge 125/ devono (dovrebbero?) consegnare alle consigliere di parità regionali il rapporto biennale sulla situazione del personale. 

Quali azioni positive “per rimuovere le discriminazioni di fatto” sono state messe in campo in quelle aziende? Quante  hanno consegnato il rapporto come previsto dalla legge? E se non lo hanno fatto quante sono state sanzionate-multate?   

In Sicilia - regione con bassissimo tasso di occupazione femminile, con larga incidenza di lavoro nero - le dimissioni/risoluzioni ufficialmente convalidate sono state 1.883. Nelle aree del sud Italia: Calabria, Puglia, Campania, Basilicata e Sardegna  6.334  e nel resto d’Italia: Lazio, Toscana, Abruzzo, Umbria, Marche, Molise in totale 9.899.

La relazione annuale della Consigliera di Parità nazionale attualmente in carica, Franca Bagni Cipriani (2), registra il fatto nel rapporto annuale, insieme agli altri fatti di discriminazione. Un’analisi standardizzata dei dati che per l’occupazione femminile “peggiora nei livelli di qualifica e dove ancora permane un ambiente ostile e degradato nei confronti del soggetto femminile.” (pag.9) 

Al rapporto della consigliera Nazionale si aggiungono le discriminazioni raccolte a livello territoriale dalla rete delle consigliere (3), oltre le discriminazioni “per famiglia”, discriminazioni definite per “conciliazione e maternità” anche quelle salariali (5) e di avanzamento di carriera (6) nell’accesso al lavoro, per molestie e molestie sessuali. Donne che  come nota la consigliera nazionale “Purtroppo … (omissis) escono dal lavoro senza rientrarci più” (pag. 10) .

La legge 125/91 smembrata e riaccorpata nel Codice delle Pari Opportunità, perde di senso e vigore nella lettura odierna e nei differenti interventi legislativi che si sono susseguiti, disseminati in più provvedimenti (dalla legge finanziaria a leggi delega di riforma degli ammortizzatori sociali).

Serve un rinnovato e più incisivo atto che ne vivifichi e rilanci la portata innovativa di lotta alle discriminazioni, di denuncia costruttiva e non di semplice registrazione di fatti. 

(1)https://www.ispettorato.gov.it/it-it/studiestatistiche/Pagine/Relazione-annuale-sulle-convalide.aspx

(2)https://www.lavoro.gov.it/ministro-e-ministero/Organi-garanzia-e-osservatori/ConsiglieraNazionale/Consigliera-nazionale-di-parita/Documents/CNP-Rapporto-Attivita-2019.pdf

(3) https://www.lavoro.gov.it/ministro-e-ministero/Organi-garanzia-e-osservatori/ConsiglieraNazionale/Consigliera-nazionale-di-parita/Documents/Analisi-Rapporti-consigliere-di-parita-territoriali-anno-2019-30072020.pdf

(4) https://www.semprenews.it/news/denatalita-calo-delle-nascite-italia.html

(5) https://www.repubblica.it/economia/2017/11/02/news/wef_il_61_5_delle_donne_italiane_che_lavorano_non_vengono_pagate-179991409/

(6)https://www.repubblica.it/dossier/cronaca/gender-gap-le-donne-presentano-il-conto/2020/01/09/news/battaglia_sul_salario_tra_uomini_e_donne_la_corsa_non_e_alla_pari-244248228/

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